Il Risk Management: la conoscenza e valutazione dei rischi - la relazione del convegno ANRA
giovedì, 13 novembre 2014
Il rischio è connaturato all’impresa e non si è mai troppo piccoli per adottare un approccio rigoroso e sistemico. “La consapevolezza e conoscenza dei rischi sono il prerequisito fondamentale per la loro gestione”, spiega Lucio Casati, head of risk engineering, Zurich Global Corporate Italy, intervenuto al convegno organizzato da Cunningham Lindsey Lercari, con il patrocinio di Anra, dal titolo Continuità e vulnerabilità aziendale. Imparare dall’esperienza. Ciò che non si conosce non si può gestire; un rischio che viene sottovalutato – osserva Casati – è una ritenzione inconsapevole, mentre a ciò che sopravvalutiamo allochiamo risorse in modo inefficiente. Non capita solo agli altri: può accadere anche alla nostra azienda o ai nostri fornitori, e non possiamo permetterci di apprendere per errori ricorrenti”.
L’INGEGNERIA DEL RISCHIO
La sequenza dell’approccio risk engineering ruota attorno a due parole chiave: rischio e ingegneria, ovvero tecniche di analisi dei rischi, sistemi di misurazione degli impatti, azioni di prevenzione, protezione e reazione per mitigare gli effetti. “Alcuni scenari, più probabili - spiega Casati - potranno essere prevenuti: da quelli più gravi, l’azienda dovrà essere protetta; per altri, fortunatamente rari (ma di elevata magnitudo) occorrerà organizzarsi con procedure di business continuity ovvero prassi
e protocolli adatti a gestire situazioni di crisi contingenti: cosa fare nelle prime ore, nei primi giorni, nelle prime settimane, chi deve farlo, che alternative si possono avere, come possono essere reingegnerizzati i processi e su quali aiuti interni o esterni possiamo contare”.
Al risk engineering si affianca il risk insurance. “L’assicurazione – conclude – è la fine di un processo, di comprensione e consapevolezza dei rischi e l’ottimale combinazione dei due rappresenta il percorso di avvicinamento al risk management efficace, utilizzatore intelligente di risorse finanziarie, per loro natura, mai illimitate”.
L’UNIONE MITIGA GLI EFFETTI
Un esempio intelligente di accurata gestione del rischio arriva dalla collaborazione tra i gruppi Abb e Zurich che hanno messo a punto un intenso programma di risk engineering al fine di mappare, valutare e migliorare i propri rischi. “Ogni anno – racconta Giorgio Franzini, senior risk engineer, Zurich Global Corporate Italy – Zurich esegue decine di risk assessments negli stabilimenti Abb di tutto il mondo, e altrettanti sono stati eseguiti negli stabilimenti italiani, con centinaia di raccomandazioni emesse e largamente implementate. Il più virtuoso è risultato quello di Frosinone, sia per frequenza di assessments, sia per rigore nell’implementazione delle raccomandazioni, con particolare focus sulla preparazione del piano di business continuity e l’esecuzione di stress test per verificarne l’adeguatezza”.
Gli effetti di questa attività sono divenuti evidenti, in particolare, in occasione di una nevicata eccezionale, a Frosinone nel febbraio 2012, quando il crollo parziale di un fabbricato, sotto il peso della neve, ha abbattuto in modo drastico la capacità dello stabilimento di generare valore. “L’applicazione del business continiuty plan – conferma Franzini – a partire dall’attivazione della società di salvataggio per il pronto intervento post sinistro, al rapido allestimento e qualifica di processi manuali alternativi presso
facilitie affittate nell’area, alla reazione straordinaria della supply chain, ha consentito di organizzare gli sforzi in modo strutturato per la ripresa: nel giro di due settimane, il 50% della capacità produttiva è stato recuperato e un mese dopo, la produzione si attestava oltre il 100% per poter recuperare anche la mancata produzione post sinistro. In definitiva, quindi, la qualità e la quantità delle misure di loss prevention, implementate negli anni dallo stabilimento, hanno reso robusti gli assets e resiliente il business, al punto da limitare drasticamente la business interruption”.
CONTINUITÀ COME VALORE
Parola chiave, dunque, continuità, “intesa soprattutto come valore – sottolinea Dario Voltattorni, direttore esecutivo di Aidaf (associazione che raggruppa oltre 140 aziende), laddove anche le imprese familiari, quando orientate al cambiamento e all’innovazione, portano il valore aggiunto di una vision che va oltre l’orizzonte di uno o più bilanci, ragionando per generazioni”.
E, nel segno della continuità, anche la testimonianza di Gian Luigi Lercari, padrone di casa e ad di Lercari, erede di una dinastia imprenditoriale nel campo dei servizi post vendita assicurativi, che ha dovuto “acquisire e sviluppare una cultura manageriale, quale passaggio obbligato, per proiettare l’attività di famiglia oltre i confini locali e nazionali, diversificandone il perimetro e tipologia dell’offerta, oggi non più solo peritale (che rimane il core business) ma anche gestionale”.
Fonte: Insurance daily